La Reggia di Versailles e i suoi eccessi che portarono la Rivoluzione in Francia

Tutti pensano che a provocare la rabbia dei francesi, e il conseguente scoppio della Rivoluzione che portò alla caduta della monarchia e dell’Ancien Régime, siano state le spese folli e i capricci della regina Maria Antonietta insieme alla sua frase infelice (peraltro non attestata da fonti storiche) “Non hanno pane? Che mangino brioches”.

In realtà c’è una colpevole ben più insospettabile e che, ai tempi, oltre a portarsi via gran parte delle tasse pagate dai francesi, scatenò una vera e propria andata di furia contro i nobili, tanto che ben presto molti di loro si ritrovarono sotto la lama della ghigliottina.

Il nome di questa colpevole? La Reggia di Versailles, che ancora oggi si può visitare a Versailles, la cittadina situata a pochi chilometri da Parigi, sulla Place d’Armes.

L’assalto a Versailles durante la Rivoluzione Francese: i fatti

Quando si pensa all’inizio della Rivoluzione Francese, è quasi impossibile non pensare subito alla Presa della Bastiglia, avvenuta il 14 luglio 1789 (diventato poi anche Festa Nazionale in Francia), contro il simbolo per eccellenza dell’Ancien Régime.

Non tutti però sanno che la mattina del 6 ottobre 1789, centinaia di donne e di uomini affamati e ribelli (alcuni dei quali vestiti da donne), partiti da Parigi, presero d’assalto anche la Reggia di Versailles, sede non solo della famiglia reale, ma anche del governo più stravagante che la Francia abbia mai avuto.

I rivoluzionari attraversarono dapprima le sale dorate, combattendo, decapitando e infilzando le teste delle guardie del palazzo sulle loro lance, poi si diressero attraverso i corridoi di marmo, ornati con opere d’arte che celebravano la dinastia borbonica, verso l’appartamento privato della regina Maria Antonietta, che in quel momento era ancora semivestita, mentre una guardia, sanguinante e scappata per puro miracolo all’ira del popolo francese, correva per avvertire la sovrana dell’imminente ondata.

La regina, spaventata, fuggì nella stanza di Luigi XVI e lì rimase fino all’arrivo del Marchese de Lafayette, che riuscì a calmare la folla.

Più tardi, quello stesso giorno, la coppia reale, insieme ai suoi figli, fu costretta a recarsi a Parigi e a prendere residenza nel Palazzo delle Tuileries.

La decadenza della Reggia di Versailles

Poco dopo, nel palazzo abbandonato in fretta e furia dalla famiglia reale, i francesi poterono vedere per la prima volta gli eccessivi lussi di Versailles, lussi che, negli anni precedenti, avevano prosciugato le loro tasse, impedendo così alla Francia di crescere e affamando anche il popolo.

Camminarono in lungo e in largo nelle sale e l’eco dei loro passi risuonava anche nella Sala degli Specchi, che da quel momento non sarebbe stata mai più attraversata dai passi poderosi del re né tanto meno da quelli più aggraziati della regina.

Non è sempre stato così. Per molti decenni la Reggia di Versailles, così magnifica, era stata un motivo d’orgoglio per i francesi. “Un borghese parigino disse in tutta serietà ad un inglese: “È quello sarebbe il tuo re? È mal sistemato: abbastanza da essere compatito, nei fatti” scriveva Louis-Sebastien Mercier. “Guarda il nostro. Vive a Versailles.”

Versailles era vista come un glorioso simbolo della monarchia assoluta, della famiglia reale ordinata divinamente dalla Francia e dello Stato stesso.

Tuttavia, e questo molto prima della Rivoluzione Francese, alcune persone avevano già iniziato a capire che la grandiosità e gli eccessi della Reggia di Versailles avevano effetti terribili sulle pubbliche relazioni:

“Una generazione prima” scrive Tony Spawforth su Versailles. “Il Marchese d’Argenson pensava che il palazzo avesse segnato l’arrivo sul suolo francese delle stravaganze dei sovrani orientali.”

Non sorprende però che Luigi XIV, conosciuto anche come “Il Re Sole” e “L’uomo più vanitoso di sempre”, sia stato il principale responsabile reale della trasformazione di quella che una volta era una semplice casetta di caccia nella corte più eccessiva e stravagante che la Francia, e l’Europa di quel tempo, aveva mai conosciuto.

Affidando ai capo architetti, designer e artigiani europei quella che lui definì la sua gloria, spese un’enorme quantità di denaro dei contribuenti per Versailles, le sue oltre 2000 stanze, i giardini elaborati, le fontane, lo zoo privato, i bagni in stile romano (usati per divertirsi con la sua amante di turno) e i nuovi ascensori.

La Sala degli Specchi

In un’epoca in cui la maggior parte delle persone viveva in terre desolate e all’interno di tuguri in legno e pietra, Luigi XIV pagò uno sproposito per la Sala degli Specchi, che ancora oggi abbaglia il visitatore con il suo splendore.

Francis Loring Payne, autore di un libro che racconta la storia di Versailles, la descrive così:

“Diciassette alte finestre sono abbinate ad altrettanti specchi racchiusi all’interno di cornici veneziane. Tra ogni finestra e ogni specchio ci sono dei pilastri disegnati da Coyzevox, Tubi e Caffieri – maestri regnanti del loro tempo…Le pareti sono di marmo e sono impreziosite da trofei in bronzo dorato; le grandi nicchie contengono statue in stile antico.”

Il 6 maggio 1682 Luigi trasferì la sua corte – compresi i ministri del suo governo, la sua famiglia ufficiale, le sue amanti e i suoi figli illegittimi – a Versailles.

Richiese anche che i nobili e i reali minori fossero presenti a Versailles e vivessero in qualunque appartamento fosse loro assegnato.

Questa mossa fu progettata per neutralizzare il potere dei nobili e i loro tentativi di ribellarsi.

Riuscì nel suo intento, ma così facendo, creò anche un focolaio di noia e di stravaganza, con centinaia di aristocratici stipati tutti insieme, molti dei quali non facevano altro che spettegolare, spendere soldi e giocare.

I divertimenti reali che causarono il tracollo bancario

Fin dalla sua nascita, tutto era esagerato ed esasperato alla Reggia di Versailles.

Gli abiti elaborati, richiesti per partecipare alla vita di corte, mandarono quasi in rovina molte famiglie nobili. Oltre a questo, per vivere in modo dignitoso, le stesse famiglie erano costrette ad acquistare un gran numero di beni francesi per sostenere le varie industrie.

I divertimenti, come i concerti, i banchetti a più portate, i balli e le sfilate, riempivano il calendario. I giochi di gruppo e gli spettacoli erano i preferiti della famiglia reale e un’enorme quantità di denaro veniva speso per tutto, dai costumi al set.

L’abate de Montigny, a tal proposito, scrisse:

“Chi avrebbe mai pensato, Signore, che un arredamento da palcoscenico che brillava con così tanto ordine, industria e innovazione poteva essere creato in meno di due settimane, poteva resistere forse per un giorno?”

Il gioco d’azzardo era anche il passatempo preferito durante il regno di tutti i tre sovrani che si succedettero a Versailles.

Secondo Payne:

“A volte le perdite dei giocatori ai tavoli erano enormi; poi, di nuovo, i nobili si ritrovavano a contare i loro guadagni di centinaia di migliaia.”

Payne ricorda anche un episodio in cui la nipote del re, la duchessa di Borgogna, perse una somma pari a 600’000 franchi (una cifra enorme anche per noi contemporanei), che il suo nonno pagò senza battere ciglio.

Mentre la maggior parte della Francia viveva in condizioni di povertà, a Versailles di notte si guadagnavano e si perdevano delle immense fortune.

La corruzione poi era comune, così come l’innesto e l’appropriazione indebita. Le stalle reali ne erano spesso l’oggetto: basti solo pensare che, nel 1775, un nobile fu accusato di aver preso 120 cavalli del re per uso personale.

Quando il nipote del Re Sole, Luigi XV, salì al trono nel 1715, il sentimento pubblico stava cominciando a girare contro la corona – e ovviamente Versailles.

Quando poi Luigi XVI, suo nipote, diventò re nel 1774, Versailles aveva già acquisito una sordida fama, che era stata ulteriormente degradata dalle relazioni e dalle amanti di Luigi XV.

La Rivoluzione Francese arriva a Versailles: la marcia delle donne

Nel 1780, mentre l’economia andava in rovina, Versailles diventò il simbolo della mancanza di preoccupazione della corona per i suoi sudditi.

Le proteste diventarono sempre più frequenti, come pure gli opuscoli che descrivevano il gioco d’azzardo dissoluto, i rapporti sessuali e le spese sfrenate della famiglia reale che apparvero in tutto il Paese.

Uno di questi opuscoli diceva che, mentre 2000 operaie affamate stavano protestando fuori Versailles nel 1786, i cortigiani si divertivano con un ballo sontuoso e con la “più grande gaiezza”.

Per molti francesi, la regina di origine austriaca, Maria Antonietta, diventò il simbolo odiato di tutto ciò che era sbagliato a Versailles.

Scrive Laurence Benaim in Fashion and Versailles:

“Il suo budget ha superato un’indennità annuale, solo di vestiti, di 3,6 milioni di dollari dei nostri tempi attuali. Anzi, in altri anni, questa spesa ha addirittura toccato la cifra record dei 7,5 milioni di dollari, più del doppio.”

A volte il re, giudicato dalla storia come uno dei più deboli, fece però la differenza e, occasionalmente, la regina fece anche gesti propiziatori per l’economia francese – tipo quella volta in cui rifiutò di acquistare un nuovo set di gioielli e, i soldi risparmiati, li diede sedutastante alla Marina Francese per investirli in una nuova nave da guerra.

Poi c’erano le cattive ottiche dell’ “epico rustico” Petite Trianon, il rifugio della regina a Versailles, e il finto villaggio di campagna che aveva fatto costruire lì per divertimento.

“Ad un’estremità del lago era stata creata una frazione, con un mulino e un caseificio, dotata di tavoli di marmo e di brocche di porcellana rara color crema.”

In vista della Rivoluzione Francese, le voci sulla stravaganza e gli eccessi di Versailles avevano raggiunto il loro massimo storico.

Dunque non sorprende che, quando finalmente il popolo si ribellò e la Rivoluzione prese il via, Versailles fu uno dei primi posti ad essere attaccati insieme alla Bastiglia.

Versailles, infatti, da orgoglio francese in tutto il mondo, era già diventata da tempo il simbolo e il centro operativo di un sistema politico e sociale che, in quel momento, i francesi consideravano anacronistico e corrotto.

Di Francesca Orelli

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