Una membrana di legno nanostrutturato per purificare l’acqua di mare

Il paradosso del naufrago su una zattera che rischia di morire di sete nonostante sia circondato dall’acqua ci è ben noto fin dall’infanzia, naturalmente non si può bere l’acqua di mare per via del suo alto contenuto salino. Già alle elementari viene illustrato il ciclo dell’acqua: dal mare allo stato liquido evapora, si condensa in nubi e ricade sotto forma di pioggia, in gran parte sulle terre emerse dove alimenta laghi e fiumi che sfociano nel mare ridando inizio al tutto.

L’acqua evaporando lascia sul fondo del mare il sale rimanendo così purificata e potabile. Un semplice esperimento consiste nel far bollire dell’acqua salata facendo in modo che il vapore si condensi sulla superficie inferiore di un “tetto” posto sopra la pentola e inclinato in modo da far scorrere l’acqua tornata allo stato liquido e raccoglierla in un secondo contenitore: quest’acqua sarà naturalmente dolce mentre sul fondo della pentola rimarrà un deposito di sale.

Questo è anche il principio base della desalinizzazione ma si tratta di un metodo poco pratico nonché dispendioso in termini di consumi energetici.
Fra i vari sistemi alternativi, vi è il microfiltraggio: una membrana dotata di fori piccolissimi può lasciar passare l’acqua trattenendo il sale e altre impurità. Le tecniche in uso oggi fanno ricorso a membrane polimeriche derivate dal petrolio (plastica, in pratica) e necessitano di pompe per generare pressione con conseguente dispendio energetico.

Un team di ricercatori ha ora messo a punto una nuova tecnica di desalinizzazione basata su una membrana vegetale. Il legno dispone naturalmente di microcondotti che svolgono negli alberi una funzione analoga a quella dei nostri vasi sanguigni; i ricercatori hanno quindi sottoposto una membrana di questo materiale a un trattamento chimico al fine di renderla strutturalmente rigida, idrorepellente e facilmente riscaldabile con bassi consumi d’energia, anche di origine solare.

Un sottile strato d”acqua scorrendo sulla superficie superiore riscaldata evapora e tende a infiltrarsi nel legno verso il basso, poiché la parte inferiore della membrana estremamente porosa rimane fredda e le particelle d’acqua possono, grazie all’effetto convettivo (le particelle si spostano verso la regione con temperatura inferiore) agevolmente scivolare attraverso i microscopici fori grazie all’elevato livello di impermeabilità raggiunto dal legno trattato.

L’acqua potabilizzata si condensa e deposita sotto la membrana mentre il sale e altre grosse impurità sono bloccate nella parte superiore.
Questo materiale mostra una maggiore efficienza rispetto ai polimeri oggi in uso, grazie alla più elevata porosità del legno.

Ma il filtraggio non è altrettanto veloce. Il dottor Jason Ren della Princeton University (New Jersey), uno degli autori della ricerca, ritiene tuttavia ciò sia dovuto allo spessore della membrana (18 cm, nel test), che ha una funzione puramente strutturale, di sostegno, mentre il filtraggio diverrà più rapido una volta che la membrana ottenuta con questo nanolegno idrorepellente potrà essere lavorata con strumenti più adatti allo scopo e i trattamenti perfezionati al fine di renderla più sottile.

Non solo zone desertiche dell’Africa o del Vicino Oriente, anche aree altamente industrializzate come la California ormai sono in gran parte dipendenti dalla desalinizzazione dell’acqua di mare per il proprio approvvigionamento idrico, e i cambiamenti climatici in corso renderanno questa necessità ancor più impellente. Soluzioni efficaci, basate su materiali ed energia sostenibili e a basso costo sono da considerarsi una necessità e questa ricerca è senza dubbio promettente.

Di Corrado Festa Bianchet

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