“In nome della madre”, parla la protagonista (parte II)

Debutta a Mormanno, il 26 e 27 settembre, il nuovo lavoro della Compagnia del Cucco, “In nome della madre” tratto dal testo di Erri De Luca e interpretato dalla Mariella Rotondaro ci racconta le fila più intime dello spettacolo dedicato alla Madonna.

Qui la seconda parte dell’intervista:

In questo lavoro ti sei cimentata oltre che come attrice anche come regista. È stato la prima volta per te? Se sì come è stato intraprendere anche questa strada?

Non è la prima volta che mi cimento in una regia. In ogni caso, questa è stata ancora più intensa e ancora più difficile. All’inizio buio, poi con la collaborazione anche di Davide Cherstich che doveva essere con me sul palco impossibilitato per via di un infortunio, ho intravisto la luce. Tema complicato da comprendere e spiegare. La cosa più bella però è interpretare un testo così essendo credente! Come lo sono io. Ci sono molti lati che anche un credente sottovaluta, non conoscendo le vicende e la storia della coppia. Scenografia minimale, questo è il mio stile. Con un telo lungo 45 metri e una scala siamo riusciti a costruire tutto lo spettacolo. Il teatro contemporaneo, salva la vita!

Oltre la recitazione anche la musica ed i suoni. Perché questa scelta?

Abbiamo scoperto con Angela Armentano, facendo varie ricerche, che esistono degli strumenti, principalmente in legno, in grado di imitare perfettamente i suoni della natura. Sono loro che costituiscono le colonne sonore dello spettacolo e la loro particolarità rende il tutto molto delicato e nuovo.

Perché secondo te è importante vedere “In nome della madre”?

È importante vederlo sia se sei credente, sia se non lo sei. È da vedere per la delicatezza del tema, che va trattato con i guanti bianchi… Siamo aperti comunque a pareri discordanti e a critiche, anzi vorremmo averne, perché ciò significherebbe aver mosso l’animo di qualcuno! Positivamente o negativamente scuote i cervelli e i cuori della gente.

Come ti sei preparata per questo personaggio non certo comune?

Personaggio non comune, giusto. La difficoltà è stata proprio nel renderlo più comune possibile, con un velo di spiritualità. Personaggio sensibile agli avvenimenti. Ho dovuto certamente fare uno studio più approfondito, ma principalmente tutto nasce da mie sensazioni, da ciò che ho provato le prime volte che ho letto il testo. Gli input sono stati quelli, chiarente arricchiti

Quanto ti ha arricchito e cambiata artisticamente?

È per me un qualcosa che si aggiunge al mio bagaglio attoriale, ma in primis culturale.  Artisticamente posso dire di aver preparato il tutto con grande attenzione per non cadere nelle solite banalità e nei soliti cliché. Un lavoro difficile, intenso e stimolante, sicuramente di crescita personale.

di Francesca Bloise

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