Pianeti abitabili, nuova ricerca intorno ad Alfa Centauri

Il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO (European Southern Observatory), ubicato nel deserto di Atacama, in Cile, il più arido e inospitale della Terra (anche più della celebre Valle della Morte californiana) ma anche un ambiente ideale per le osservazioni astronomiche, è stato sottoposto a un importante aggiornamento.

Il nuovo strumento, denominato NEAR (Near Earths in the AlphaCen Region), è al momento l’unico al mondo in grado (si spera) di catturare un’autentica immagine ottica di un pianeta extrasolare.

Come lascia intendere l’acronimo in lingua inglese, NEAR ha un obiettivo ben preciso: Alfa Centauri.
Il nostro “vicino di casa” è un sistema composto da tre stelle, Alfa Centauri A, Alfa Centauri B (corpi celesti simili al Sole) e la più piccola Proxima Centauri (una nana rossa, in primo piano nella foto NASA, ESA, K. Sahu and J. Anderson (STScI), H. Bond (STScI and Pennsylvania State University), M. Dominik (University of St. Andrews)), che grazie alla sua orbita più ampia è in assoluto la stella che raggiunge la minima distanza dal Sole.

Nonostante la vicinanza su scala cosmologica, parliamo comunque di circa 4,2-4,6 anni luce. Gli ipotetici abitanti di un pianeta di questo sistema stellare starebbero quindi vedendo solo ora in prima TV gli ultimi episodi di CSI o di Downton Abbey.

Quindi anche nel caso di Alfa Centauri fotografare un oggetto non dotato di luce propria, come un pianeta, rimane un’impresa titanica. Un po’ come individuare il battito d’ali di una farfalla a dieci chilometri di distanza grazie al riflesso della luce di un lampione.

Nel 2016 era stata annunciata la scoperta di Proxima b, effettuata tramite una modalità indiretta: le variazioni nello spettro luminoso della stella causate dalla massa e dal movimento del pianeta intorno a essa.

Sappiamo che questo pianeta si trova nella cosiddetta fascia abitabile di Proxima Centauri e che esso è potenzialmente di tipo terrestre, ma al momento non si hanno dati affidabili riguardo le condizioni sulla superficie, non sappiamo nemmeno se abbia il giorno e la notte o mostri sempre la stessa faccia al suo sole.

Il NEAR è dotato di un coronografo a infrarossi in grado di “bloccare” la luce emessa dalla stella in esame con una sorta di eclissi artificiale rendendo potenzialmente possibile l’individuazione di oggetti nella sua orbita che risulterebbero altrimenti invisibili, come quando si cerca di osservare una monetina posta a pochi centimetri da un riflettore acceso: se lo si copre stendendo una mano davanti a sé, diventa possibile vedere gli oggetti nelle vicinanze.

Il telescopio ha già completato il primo ciclo di osservazioni e ora i dati sono al vaglio della comunità scientifica.
Il lavoro è assai lungo: per il rilascio della prima immagine di un buco nero ci sono voluti due anni fra analisi ed elaborazione dei dati, ma chissà che il nostro vicino di galassia non ci riservi qualche piacevole sorpresa!

Di Corrado Festa Bianchet

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